Non sono più una novità gli allarmi lanciati da importanti esponenti della politica europea sull’incompletezza del mercato unico europeo. L’Ue è dominata da troppi ostacoli e personalismi, e che spesso vanno a limitare l’efficacia della libertà di movimento dei beni, servizi, capitali. Per quanto il mercato dell’Ue sia ingente e ricco di risorse, non può essere paragonato con quello degli Stati Uniti. Un input di accelerazione del processo d’integrazione dei mercati lo ha dato proprio Donald Trump, mettendo la Commissione Europea davanti ai limiti del mercato unico. Mercoledì il vicepresidente responsabile del Mercato Interno, Stéphane Séjourné, ha proposto una strategia che può essere un passo coraggioso verso una maggiore integrazione, ma che sarà certamente ostacolato dalla difesa di privilegi e interessi nazionali.
L’idea di Séjourné è interessante: adottare un approccio settoriale per ogni ambito di mercato, e proporre così risposte concrete a reclami, specificamente settoriali, per quelle imprese che producono quei beni e quei servizi più impattanti sull’economia europea. Secondo le analisi di Séjourné i settori più allarmanti su cui bisogna intervenire sono quello del settore postale, finanziario e delle costruzioni: “vogliamo concentrarci sulle barriere più importanti dal punto di vista economico ed evitare di toccare settori di minore importanza, ma che scatenano malumore” ha detto Séjourné. Un caso su cui ha voluto dedicare maggiore attenzione è il riconoscimento delle professioni: in Europa oggi esistono più di 5.700 professioni ma soltanto 7 sono armonizzate a livello europeo. “Siamo incapaci di metterci d’accordo a livello europeo sulle professioni indispensabili, su una definizione comune di fisioterapista”, per Séjourné l’idea sarebbe quella di semplificare e digitalizzare il riconoscimento delle qualifiche per tutti; una proposta che rischia di trovare la contrarietà degli ordini professionali di ogni nazione. Un altro esempio su cui ha voluto soffermarsi riguarda invece gli standard europei: “perché le nostre pompe di calore e alcune batterie non hanno ancora standard in Europa, mentre ne hanno in Cina?” Ha domandato polemicamente. In pratica alcune imprese, in assenza di decisione da parte degli organi competenti, dialogano direttamente con la Commissione Europea, la quale poi stabilisce lo standard da adottare. Questo processo, inevitabilmente, prevede grandi perdite di tempo: il fatto che un’impresa abbia difficoltà o ritardi per ottenere uno standard gli crea ostacoli per operare più rapidamente in più paesi.
Il cuore delle riforme proposte da Séjourné proviene da iniziative per cui Enrico Letta si era già speso a suo tempo: “nel primo trimestre del 2026, proporremo un 28esimo regime, un regime europeo unico, volontario e semplificato per offrire in 38 ore un quadro giuridico alle imprese che desiderano stabilirsi nell’Ue per consentire loro di operare sul mercato interno”. Significa dare il via a un programma di sburocratizzazione, di semplificazione delle procedure, a partire dai certificati di conformità alle note esplicative. Secondo alcune stime fatte dalla Commissione, riforme del genere potrebbero sbloccare risorse pari a 450 milioni di euro, risorse che negli ultimi vent’anni sono state ostacolate da barriere che anziché ridursi, si sono moltiplicate. Più volte Mario Draghi ha ribadito di come l’eccessiva regolamentazione, e dunque la conseguente frammentazione, del mercato europeo abbia creato delle barriere equivalenti a veri e propri dazi. Non c’è dunque da stupirsi se le imprese con maggiore potenziale preferiscano andare negli Stati Uniti anziché operare in Europa.
Enrico Letta è favorevole alla proposta di Séjourné: “ decisori politici dell’UE dovrebbero concentrarsi sulla riparazione del mercato interno del blocco piuttosto che spendere le loro energie sui dazi doganali e sui progetti di difesa”, ha detto al Financial Times. La Commissione deve dotarsi di regole più vincolati per gli Stati membri se si vuole riparare il mercato unico, anziché continuare a proporre direttive che, puntualmente, vengono smentite o disattese. Non è una novità che i maggiori ostacoli al funzionamento del mercato provengono da un’attuazione limitata o parziale della legislazione europea da parte degli Stati membri. “Dovremmo privilegiare i regolamenti alle direttive per i nuovi testi futuri, e fare raccomandazioni agli Stati membri sui testi esistenti, con procedure di infrazione più rigorose e sistematiche” ha detto Séjourné, e in queste parole sembra fin troppo esplicito l’attacco rivolto al modus operandi di Ursula Von der Leyen, fatto di prudenza e totale accondiscendenza verso gli Stati membri. Se avverrà questo cambio di paradigma si potrà dire che a incoraggiarlo è stata la politica commerciale protezionistica di Trump, ma il progetto riformista di Séjourné è tutt’altro che in discesa: il calendario per eliminare i dieci terribili ostacoli è decisamente lungo, e le prime proposte arriveranno, la maggior parte, nel 2026.